Ma come mi è venuto in mente di fare l’editor? – Bada a come parli! (parte 1)
Nono articolo della rubrica “Ma come mi è venuto in mente di fare l’editor?” a cura di Stefano Mancini.
Nelle precedenti puntate della nostra rubrica ci siamo occupati di tanti aspetti, ma nelle ultime in particolare ci siamo soffermati sui personaggi, che sono il vero motore di ogni storia, l’unico elemento senza cui non esisterebbe alcuna storia e quindi alcun libro (oltre che film, serie tv, canzoni e tanto altro ancora). Perché, come si dice spesso, un racconto parla di persone e si rivolge alle persone.
Ecco, badate bene al verbo che ho usato: parlare. Abbiamo spiegato come creare i personaggi, ma non ci siamo addentrati in un aspetto indissolubilmente legato a loro: i dialoghi, ossia il modo in cui i soggetti letterari si esprimono.
Molto spesso siamo orientati a scindere i due elementi, come se i personaggi fossero una cosa e i dialoghi un altra; non ci concentriamo abbastanza spesso e in maniera abbastanza approfondita sul fatto che i dialoghi sono espressione stessa dei personaggi, sono il loro modo di esprimersi.
Facciamolo in questa sede, dunque. E partiamo con gli aspetti fondamentali di qualunque buon dialogo: deve essere realistico, spontaneo, scorrevole e brillante; deve rappresentare uno scambio vivace e curato, che sembri autentico, e il cui unico scopo sia quello di far muovere i personaggi e la vicenda.
Ed eccola lì la chiave di un buon dialogo: deve avere una funzione. Quante volte ci capita di trovarci davanti a uno scambio di battute tra due o più personaggi, che di fatto non porta a niente? Stiamo lì a leggere di questi due che parlano e parlano, ma ci rendiamo conto che non stanno dicendo nulla di davvero utile alla storia e quindi ci verrebbe voglia di saltare nella pagina e di prenderli entrambi per le orecchie. Un dialogo, ricordatelo, è tanto più efficace quanto più è utile a svolgere una funzione. Quale? Lo vedremo nel prossimo episodio.
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La caccia è aperta.
Stefano Mancini
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