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Quarto articolo della rubrica "Ma come mi è venuto in mente di fare l'editor?"

Ma come mi è venuto in mente di fare l’editor? Questione di punti di vista

Quarto articolo della rubrica “Ma come mi è venuto in mente di fare l’editor?” a cura di Stefano Mancini.

Nei primi articoli di questa rubrica in pillole abbiamo visto alcune delle problematiche “base” della scrittura: l’uso (o per meglio dire, l’abuso) di aggettivi e avverbi.

Pian piano però cominciamo ad affacciarci anche alle tecniche narrative più importanti, una delle quali è senz’altro l’uso del punto di vista.

Anzitutto facciamo una breve specifica. Il pdv è la prospettiva attraverso la quale è mostrata una scena letteraria e può essere oggettivo esterno, soggettivo esterno, soggettivo interno. Potremo quindi avere altrettanti tipi di focalizzazione: zero (narratore onnisciente), interna (narratore omodiegetico), esterna (narratore eterodiegetico).

Sono tutte e tre valide e la scelta dipende da fattori personali, ossia dal vostro gusto, da come vi trovate meglio a scrivere e da quale volete che sia la resa finale del manoscritto; ma anche, indubbiamente, dal tipo di storia che state raccontando e da quali ne sono i protagonisti.

Negli ultimi anni, però, si sta affermando con sempre maggiore forza il narratore omodiegetico, ossia la focalizzazione interna.

Tanti paroloni che semplificati al massimo vogliono dire che il romanzo viene strutturato in scene e ognuna di esse viene mostrata (attenzione a questo verbo, non ho detto raccontata, ma mostrata) attraverso il pdv di uno specifico personaggio. Che vuol dire?

Che in quella scena ogni emozione, sensazione, percezione sarà “filtrata” e “mostrata” attraverso i cinque sensi – oltre alla mente, quindi al pensiero – del personaggio al quale abbiamo affidato il punto di vista. Un netto contrasto, come si può immaginare, con il narratore a focalizzazione zero (ossia il classico narratore onnisciente) che andava tanto di moda nella letteratura passata. Perché questo cambiamento? La risposta è complessa, ma semplificandola possiamo dire che il lettore contemporaneo è diverso da quello passato; oggi chi legge molto spesso vuole rivivere le emozioni e le sensazioni che prova quando guarda un film o una serie tv e dunque il narratore omodiegetico permette un’immersione maggiore nella storia – e nei suoi personaggi – rendendola più realistica.

Dovete sforzarvi di usare questo tipo di narratore e quindi di pdv? Nemmeno per sogno.

Dovete trovare da voi il tipo si narrazione che più vi si addice. La vostra scelta dipenderà da tanti fattori. Ed è bene, dunque, che voi conosciate le sottili differenze tra una tecnica e l’altra, tra un narratore e l’altro, per poter prendere la decisione più coerente e adatta alla vostra storia.

PS: avete individuato il refuso inserito in questo articolo? Ricordo sempre che il primo che lo scova e me lo segnala in privato ha diritto a uno sconto del 50% su uno qualunque dei nostri servizi editoriali a sua scelta.

Potete segnalare l’errore scrivendo un messaggio alla pagina Facebook Tracce d’Inchiostro oppure al profilo Instagram Tracce d’Inchiostro.

La caccia è aperta.

Stefano Mancini

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