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Ma come mi è venuto in mente di fare l’editor? Le dimensioni contano?

Ma come mi è venuto in mente di fare l’editor? Le dimensioni contano?

Piccola premessa: non sono un talebano della grammatica o dell’editing; non mi considero nemmeno un grammarnazi, anzi, ma sono della scuola “conosci alla perfezione le regole, prima di infrangerle”.

Ecco, ora che ho messo le cose in chiaro, possiamo parlare degli aggettivi. Che no, non sono il male assoluto. E no, nessuno vi fucilerà a vista se avete scritto “entrò in una grande stanza”.

Soffermiamoci però ad analizzare questo aggettivo: “grande”. Dovete credermi sulla parola quando vi dico che è – insieme a “piccolo”, ovviamente – il più utilizzato in assoluto, in particolare quando ci troviamo davanti a testi ancora un po’ acerbi, di esordienti soprattutto. C’è la convinzione, immagino, che piazzare un “grande” o un “piccolo” nel punto giusto aiuti il lettore a comprendere meglio che cosa volevamo dire, a dare una caratterizzazione al soggetto cui è collegato l’aggettivo. Niente di più sbagliato. Le dimensioni non contano… non quando si tratta di scrivere un libro, almeno.

L’aggettivo, specialmente in questi casi, è una scorciatoia. È la convinzione dell’autore che in questo modo darà un informazione al lettore, che così potrà meglio immaginare la stanza in cui è appena entrato il suo (o la sua) protagonista. Ma per scrivere con efficacia si devono evitare parole con un significato troppo generico. Ecco allora che “grande”, “piccolo”, “bello”, “cosa” (e potrei andare avanti all’infinito, credete a me) non hanno alcuna valenza per un lettore, che nel leggere “entrò in una grande stanza”, tutto si immagina, tranne che un luogo sfarzoso.

Se scrivete una frase del genere, state prendendo una scorciatoia, vi state accontentando dell’aggettivo più banale – e generico – che la vostra fervida mente di scrittore può partorire. E questo è un torto che fate a voi stessi, prima ancora che ai vostri lettori. L’aggettivo in sé, oltretutto se banale e generico, non dice niente, non dà al lettore un’immagine vivida. E quell’immagine è il miglior modo per fare ricorso allo show, don’t tell (parleremo anche di questa tecnica, state tranquilli).

Ps: come sempre è aperta la caccia all’errore nel testo. Il primo che lo individua (e me lo segnala in privato) avrà accesso a uno sconto del 50% su uno dei nostri servizi editoriali a sua scelta.

Potete segnalare l’errore scrivendo un messaggio alla pagina Facebook Tracce d’Inchiostro oppure al profilo Instagram Tracce d’Inchiostro.

La caccia è aperta.

Stefano Mancini

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